CATENA D'AMORE - INNO ALLE DONNE

letto e interpretato da Patrizia Prodan - Musica Gilberto Quattrocchio (free download mp3)

CURIOSITA'

RITRATTO DEL PIU' ANTICO QUATTROCCHI CONOSCIUTO RIPORTATO NELLA SAGA B.C.

Dizionario dei simboli cristiani - pagina 253
di Edouard Urech, Paolo Piazzesi, Franca Fiorentino Piazzesi - 1995

Agli inizi del XIII secolo, viene istituita la festa della Trinità. Le tre Persone del dogma vengono raffigurate perfettamente identiche, sedute nella stessa posizione, che alzano la mano nello stesso modo, in segno d'autorità e che reggono tutti e tre il globo del mondo sormontato dalla croce. In questo periodo in alcune chiese ortodosse compaiono tre volti identici, ma talmente ravvicinati che pur avendo una fronte, un naso, una bocca e una barba ciascuno, hanno però soltanto quattro occhi in tre, eppure sembra che ognuno di loro abia i suoi due occhi. E' un modo ingegnoso di esprimere graficamente l'unità e le diversità divine contenute nel dogma della Trinità.

www.monaci-benedettini-seregno.com

Mentre l'icona della Sapienza conserva ancora chiare radici biblico-liturgiche, ben diversa è la struttura compositiva dell'icona denominata "L'occhio di Dio che tutto vede": esso si presenta come puro schema astratto, svuotato della presenza del suo prototipo. La struttura geometrica dell’icona (cerchi che si intersecano costruendo una forma quasi floreale) richiama quella della Madre di Dio del Roveto ardente. Il soggetto centrale richiama la profezia di Isaia 7,14(la Vergine che concepisce l'Emmanuele): in tre Cerchi concentrici sono raffigurati, rispettivamente, l'Emmanuele, un volto con quattro occhi, la Vergine. Al di sopra vi è un cerchio in cui si trova la figura di Dio Padre, mentre nei cerchi che scaturiscono dai raggi dell’Emmanuele, sono rappresentati i simboli degli Evangelisti. L'idea centrale che l'icona vuole comunicare‚ quella della onniveggenza di Dio; il gioco dei cerchi, simbolo di unità, è un chiaro richiamo cosmico. La centralità di Cristo, inserito in un sole infuocato con molti occhi, lo presenta come rivelazione della Sapienza di Dio che tutto vede e nel quale è contenuto il senso della creazione intera.

LA LEGGENDA DI SANTA BARBARA
Comune di Dambel (prov. Trento)

Il prezioso ritrovamento - Durante i lavori di restauro dell’ottobre 2004 sul lato dell’edificio, che guarda il cimitero, è stato rinvenuto un affresco del ‘400. Esso abbelliva la facciata del corpo quadrato dell’antica costruzione, che sorgeva in questo luogo da tempo immemorabile. Nella metà del ‘500, un nuovo muro venne eretto per ampliare il luogo di culto, e poiché non venne “ammorsato” a quello preesistente, ma solamente appoggiato, l’affresco è giunto a noi abbastanza integro e ben conservato. La figura rappresentata è una trinità a tre volti, uniti tra di loro, con tre nasi, tre bocche e quattro occhi: quello centrale è Dio, alla sua destra gesù, a sinistra lo Spirito Santo. La mano destra è alzata, in segno di benedizione; alla sua sinistra si può vedere un libro aperto con scritte alcune parole del Padre Nostro. In alto si può leggere: Jhavannes de Leoncellis e la data 1747.

URBANO VIII - DECRETO 11 AGOSTO 1628

ABOLIZIONE DELLE 3 FACCE E DEI 4 OCCHI DAL SIMBOLO TRINITARIO

Libro Patrologiae cursus completus: a cura di Jacques-Paul Migne

...Quindi scrìvendo S. Agostino cnm tres visi snr,t, nec quisquam in eis vel forma vel aetate major caeteris dictus est, cur non hic accipiamus visibiliter insinuatavi per creaturam visìbilem Trinitatis aequalitatem atque in tribns personis unarn eandemque substantiam , è assai probabile che gli artefici, colla scorta di tale opinione stimassero di rottamente esprimere la Santissima Trinità col simbolo di tre figure umane affatto uguali in ogni lor parte. Né solamente questo simbolo fu reputato da essi addicevole , ma usarmi anche di esprìmerla con tre .sole teste insieme unite, che vedute di faccia furono di poi qualificate da S. Antonino monstrum in rerum natura, condannate dal Concilio di Trento, e dal Pontefice Urbano VIII., il quale con decreto 1 1 Agosto 1628 ordinò: omnes imagines Sanctissimam Triadem uno carpare repraesentantes tribus faciebus et quatuor oculis in ignem comburi . Quanto alle tre figure intere, comecché tal fiata usate nella Chiesa greca e nella latina, ed abbian anche trovato alcuni fautori, nulladimeno esse pure vennero onninamente dismesse, essendosi quasi dapertutto costumato di esprimere la Trinità nel modo praticato attualmente, che è quello suggerito dal Cardinal Federico Borromeo nella bellì opera De pictura sacra, ben degna d' esser letta e studiata da chiunque professa l'arti che dipendono dal disegno .Questo esimio Porporato, giusta le norme prescritte dal sacro Tridentino Concilio ingiugne di rappresentare le tre persone divine in quelle apparenze sensibili nelle quali si sono manifestate all'uomo.

PIAZZA SCALA

Una delle espressioni artistiche della Trinità, diffusasi con l'arte gotica, fu costituita:
1 - da tre teste separate - quella di mezzo frontale, le altre di profilo - che escono da un unico tronco: "Dio Tricefalo", oppure:
2 - da un'unica testa che fonde in sé le tre persone trinitarie ed ha, di conseguenza, tre nasi, tre bocche e quattro occhi: "Dio Trifronte".
In entrambi i casi la figura risulta racchiusa nel nimbo. La lontana origine a carattere mitologico, forse di provenienza orientale, contribuì ad assicurare a questa rappresentazione iconografica una certa diffusione soprattutto nell'arte popolare che vi individuò funzioni didattico/ornamentali: l'infatuazione per questa figura era attribuibile alla fusione tra l'illustrazione del dogma e il gusto artistico nelle sue forme fantastiche.
La rappresentazione della Trinità era permessa dalla Chiesa. Bisognava tuttavia operare delle scelte: scelte che divennero ancor più necessarie in epoca di controriforma protestante allorché il Dio Tricefalo/Trifronte venne ironicamente assimilato dai detrattori della Chiesa Romana ad un pagano "Cerbero Cattolico". Non si potevano più tollerare moltiplicazioni di immagini audaci concepite artisticamente senza alcun criterio selettivo. Già nel XV secolo Sant'Antonino da Firenze (1389-1459), nella sua "Summa Theologica", aveva denunciato come "mostro nella realtà" - non di certo conveniente per rappresentare Dio - "quella tal immagine della Trinità in forma di uomo a tre teste: quod monstrum est in natura rerum". L'11 agosto 1628 Papa Urbano VIII organizzava un rogo esemplare allo scopo di bruciare tutte le immagini in suo possesso del "Cerbero", che dichiarava eretico.

Visita ai "Cerberi" presenti in Italia

Nonostante il divieto pontificio, che evidentemente non poteva avere effetto retroattivo, alcune delle produzioni artistiche oggetto di condanna non vennero eliminate bensì tramandate sino ai nostri giorni: curiose testimonianze di come l'uomo abbia sentito il bisogno di tradurre in immagini elementari anche il mistero della Trinità. Delle poche rappresentazioni iconografiche Tricefale o Trifronti tuttora rimaste, ci siamo visitati a visitare le seguenti:
1. VIGNOLA (Modena) - CAPPELLA DELLA ROCCA - Affresco quattrocentesco del cosiddetto "maestro di Vignola".
2. SACCO (Cosio Valtellino, Sondrio) - CAMERA PICTA - Affresco del 1464 posto alla sommità dell'ingresso di un'antica casa del paese, detta "Camera Pietà", interamente affrescata al suo interno, poi adibito a fienile. L'opera è attribuibile a un componente della scuola dei Baschenis di Averara (Bergamo), per generazioni famiglia di artisti vaganti.
3. FIRENZE - REFETTORIO DELL'ABBAZIA DI SAN SALVI - Significativo particolare di un celebre affresco (1519) di Andrea del Sarto, raffigurante l'ultima cena.
4. FIRENZE - PALAZZO VECCHIO: CAPPELLA DI ELEONORA DI TOLEDO - Interessante "cerbero" al centro del soffitto della Cappella affrescata dal Bronzino intorno al 1550.
5. FIRENZE - CHIESA DI ORSANMICHELE (O SAN MICHELE IN ORTO) E MUSEO DELLA BASILICA DI SANTA CROCE - Dio Tricefalo scolpito alla sommità del tabernacolo (già di San Ludovico, oggi ospitante un San Tommaso del Verrocchio) opera di Donatello e Michelozzo (prima metà del quattrocento) sull'esterno della Chiesa di Orsanmichele. Un calco del tabernacolo di San Ludovico si trova sullo sfondo della statua originaria del santo trasferita presso il museo della Basilica di Santa Croce.
6. FIRENZE - CHIESA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ" - Al centro del paliotto dell'altare maggiore, "cerbero tricefalo", realizzato nel 1448, attribuito ad Agostino di Duccio.
7. FIRENZE - MUSEO DI SAN MARCO (O DELL'ANGELICO) - SALA DEI LAVABO - Alla sommità della pala d'altare del 1510, con la sola preparazione a chiaroscuro (quindi forse da ritenere incompiuta), opera di Baccio della Porta, meglio noto come Fra Bartolomeo, raffigurante la Glorificazione della Vergine (Madonna con Sant'Anna ed altri Santi). Si tratta dell'unico esempio "Trifronte" (rispetto ai precedenti, tutti "Tricefali", individuati in Italia).
8. CHIESETTA DI LAVIN (Bassa Engadina - Svizzera) Nel soffitto, imponente "Cerbero Trifronte".

 

L'ICONOGRAFIA DIVINA AL FEMMINILE
E LA DONNA MISTICA

di PAOLA RESTANI


“Colui che è stato creato a immagine di Dio
possiede una totale somiglianza col suo modello”
San Gregorio di Nissa


L’iconografia divina al femminile trova la sua ragione d’essere nel fatto che la rappresentazione della SS. Trinità con sembianze Femminili rimanda al profondo significato di Dio inteso come madre, Dio legato alla creazione e, dunque, inscindibile dal ruolo della donna incarnato mirabilmente dalla Madonna, madre del Cristo e fulcro dell’evento della salvazione dell’intera umanità.

Questa tematica vuole cercare di suggerire delle riflessioni tra l’iconografia divina al femminile, lo spirito che l’ha animata, la dignità della donna e la perfezione della stessa in relazione alla mistica. L’iconografia divina al femminile trova la sua ragione d’essere nel fatto che la rappresentazione della SS. Trinità con sembianze Femminili rimanda al profondo significato di Dio inteso come madre, Dio legato alla creazione e, dunque, inscindibile dal ruolo della donna incarnato mirabilmente dalla Madonna, madre del Cristo e fulcro dell’evento della salvazione dell’intera umanità. La dignità della donna consiste nell’elevazione soprannaturale all’unione con Dio in Cristo Gesù ed ella rappresenta l’archetipo di tutto il genere umano: simboleggia l’umanità che appartiene a tutti gli esseri umani, sia uomini che donne, mentre d’altra parte la nascita di Cristo mette in rilievo una forma di unione con Dio che può appartenere solo alla donna: l’unione tra madre e figlio . Anche la via mistica ci porta al Dio inteso come madre. La maternità è simbolo dell’immedesimazione, fonde il corpo con il corpo; per la donna mistica dare a Dio il nome di madre significa realizzare una unione di natura vietata all’uomo. La forza morale e spirituale della donna, di cui le mistiche sono un mirabile esempio, si uniscono con la consapevolezza che Dio affida alla donna in un modo speciale l’uomo, cioè l’essere umano, in virtù proprio della sua femminilità. In questo modo la donna perfetta diventa un insostituibile sostegno e una fonte di forza spirituale per gli altri che percepiscono le grandi energie del suo spirito . Per cercare di spiegare tale tematica abbiamo scelto uno dei più importanti affreschi divini al femminile: si tratta dell’affresco situato sul lato sinistro del portale d’ingresso dell’Abbazia di S. Pietro in Perugia, è uno dei pochi in tutto il mondo che rappresenta Dio, Uno e Trino con volto di donna ed è un emblematico esempio dello spirito che anima la rara ed insolita iconografia. Bisogna precisare che esistono pochissime opere ritraenti Dio con sembianze femminili ed anche pochi studi sono stati fatti a tale proposito. Da sempre rappresentare Dio al femminile è stato il compito più audace: Bonifacio VIII emise perfino un decreto che vietava la rappresentazione di Dio Uno e Trino, quindi per intenderci con Tre Teste, si poteva solo rappresentarLo con un cerchio, un occhio, un triangolo, figuriamoci poi con sembianze femminili. La gerarchia ecclesiastica, adattata al concetto di uomo, ha teso attraverso i secoli ad emarginare il ruolo della donna nonostante lo stesso Gesù affidi alle donne compiti fondamentali e discuta con loro dei più profondi misteri di Dio. Uno tra gli esempi più significativi è quello della Samaritana con la quale Gesù discute presso il pozzo di Sichem del dono infinito dell’amore di Dio e le rivela di essere il Messia. Possiamo facilmente immaginare lo scalpore provocato dall’affresco in questione, databile agli inizi del 1300 ed attribuito alla scuola di Giotto; anzi tracce di tratti bizantini addolciti, in particolare ci riferiamo a quelli dei volti e l’impiego di colori delicati e chiari, tendono ad attribuire l’affresco alla scuola di Duccio di Boninsegna (1318) o almeno a pittori locali che si ispirarono a quella scuola . L’affresco raffigura la SS. Trinità con tratti Femminili, soggetto che nel tempo si farà sempre più raro fino all’ultimo divieto emanato nel 1745 da Benedetto XIV di rappresentare tale sublime mistero. La figura tricefala, seduta maestosamente in trono, emana quella tipica espressione di grazia contenuta, comune alla pittura senese. Anche l’angelo a destra si presenta ritto e statico nella sua aristocratica bellezza; non sfugga l’austera semplicità del panneggio e l’assenza nel trono di quel meticoloso cesellamento così gradito alla pittura bizantina. Tutti questi elementi donano all’affresco un valore non indifferente, soprattutto perché esso rappresenta una delle pochissime opere di transizione dalla pittura bizantina a quella umbra. Nel 1614 venne eretto un muro per coprire l’affresco e soltanto nel 1979, grazie alla felice intuizione del monaco benedettino Don Pietro Inama, si procedette all’abbattimento del muro ed a riportare alla luce l’opera. Tale intuizione venne sostenuta dall’affresco del Bonfigli datato 1469, ubicato nella Cappella del Palazzo dei Priori di Perugia ed intitolato alla Deposizione di S. Ercolano avvenuta nel 547. In tale opera si raffigura il trasporto della salma del Santo dalla chiesa di S. Ercolano alla Abbazia di S. Pietro. Quest’ultima viene descritta in dettaglio e nella facciata è possibile scorgere segni dell’esistenza dell’affresco in oggetto. Non esiste una documentazione riguardante l’opera poiché parlarne era considerato blasfemo. Attraverso l’esempio di tale affresco si vuole mettere in luce lo spirito che ha animato non soltanto l’opera in questione, ma soprattutto l’iconografia divina al femminile. Due sono i principali motivi ispiratori di tale iconografia: la creazione e l’umanità. La creazione. Dio materno, legato alla creazione, Dio che crea dal nulla, che interviene all’atto di generazione tra lo sposo e la sposa. Tale immagine è da collegarsi alla immagine della Madonna, infatti la creatività di Dio è da collegarsi alla maternità della donna. Dio non può essere solo Padre, il generare per gli esseri umani rimanda sia all’uomo che alla donna. Giovanni Paolo I nel 1978 durante L’Angelus Domini (Domenica 10 settembre) sottolinea che Dio è padre, ma più ancora è madre e come quando i figli che sono malati, hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma, così quando noi uomini siamo malati di cattiveria, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore. Bisogna riflettere sul ruolo eccezionale affidato da Dio alla donna. Partiamo dalle parole di S. Paolo nella lettera ai Galati (4,4) “venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”. Il Figlio, Verbo consostanziale al Padre, nasce come uomo da una donna. Questo avvenimento conduce al punto chiave della storia dell’uomo sulla terra, intesa come storia della salvezza. È significativo che S. Paolo non chiami la Madre di Cristo con il nome proprio di Maria, ma la definisca donna; ciò stabilisce una concordanza con le parole del Protovangelo nel Libro della Genesi (cf. 3,15) dove viene sottolineato il ruolo fondamentale della donna nell’evento centrale salvifico: tale evento si realizza in lei e per mezzo di lei (nota 4). Mentre Eva, come madre di tutti i viventi è testimone del principio biblico in cui sono contenute la verità sulla creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio e la verità sul peccato originale, Maria è testimone del nuovo principio e della creatura nuova, anzi ella è la prima redenta nella storia della salvezza, è creatura nuova, è la piena di grazia. L’invio del Figlio costituisce il punto culminante dell’autorivelazione di Dio al genere umano, questa autorivelazione possiede un carattere salvifico e la donna si trova al cuore dell’evento salvifico. La dignità della donna consiste nell’elevazione soprannaturale all’unione con Dio in Cristo Gesù, la donna rappresenta l’archetipo di tutto il genere umano: rappresenta l’umanità che appartiene a tutti gli esseri umani. In diversi passi della Bibbia troviamo dei paragoni che attribuiscono a Dio qualità maschili oppure femminili. Per esempio il profeta Isaia (66,13): “Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati”. Anche nei Salmi, Dio viene paragonato ad una madre premurosa e in diversi passi l’amore di Dio è presentato a somiglianza di quello di una madre. Aggiungiamo, inoltre, che anche la via mistica ci porta al Dio inteso come madre. La maternità è simbolo dell’immedesimazione, fonde il corpo con il corpo, per la donna mistica dare a Dio il nome di madre significa realizzare una unione di natura vietata all’uomo. Il binomio donna-pace, sempre attuale , rimanda all’identità profonda della donna. La donna è colei che riceve amore per amare a sua volta, non intendendo solo o innanzi tutto lo specifico rapporto sponsale legato al matrimonio, ma rimandando a qualcosa di più universale, senza tempo, fondato sul fatto stesso di essere donna nelle relazioni interpersonali che nei modi più diversi strutturano la convivenza e la collaborazione tra le persone. Il legame Donna/Madre-Dio/Trinità rimanda al fondamento della donna, alla sua vocazione ed alla sua dignità, perchè nel Dio/Trinità c’è il donare e l’accogliere, il ricevere e l’offrire, cioè l’essenza della tenerezza materna. La donna di oggi tenta di affrancarsi dall’ingerenza dell’uomo, ma nel farlo non può rischiare di perdere la sua originalità femminile che costituisce la sua essenziale ricchezza. L’uomo guerriero e tecnico, secondo Nikolaj Berdjaev, disumanizza il mondo, mentre la donna, orante, lo umanizza nelle sue qualità di madre, inoltre sostiene il filosofo russo, la donna è predestinata, dopo il fiat della Vergine, a dire no, ad arrestare l’uomo ai bordi dell’abisso, a mostrargli la sua vera vocazione. A tale proposito nell’antica Grecia si soleva dire che la guerra è il padre di tutte le cose, al contrario, l’armonia è la madre di ogni cosa. La donna è armonia, di comunione, di pace, di unità. Questa missione della donna nei confronti della civiltà necessita di una più efficace sintesi fra le valenze della personalità femminile, ad esempio la valenza della affettività e della maternità, quella personale e domestica, sociale, la dimensione umana e soprannaturale. La donna ha come caratteristica originaria l’apertura alla percezione del sovrasensibile e, come sostiene Bachofen, l’elemento misterico costituisce la vera essenza di ogni religione e la donna ha coltivato tale elemento con straordinaria predilezione, poiché in modo naturale in lei è presente la inclinazione ad unire il sensibile al sovrasensibile. Bachofen richiama Pitagora nel sottolineare la particolare attitudine della donna . Nella esperienza cristiana non mancano donne mistiche, ispiratrici e profetiche come Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Teresa D’Avila, Rita da Cascia, Chiara d’Assisi, Giovanna d’Arco. L’ultimo spunto di riflessione che questa introduzione all’iconografia divina al femminile vuol suggerire, è recuperare la valenza della rappresentazione figurativa che non può far conoscere Dio che è infinito, ma può stimolare, accendere, infiammare il desiderio della conoscenza di Dio. La rappresentazione manifesta il visibile dell’invisibile e al tempo stesso è fonte di comunicazione che esprime contemporaneamente la presenza e l’assenza di Dio. I Padri della Chiesa vedono il ruolo pedagogico dell’iconografia, la quale, accanto alla parola, ha il compito di trasmettere al popolo cristiano le verità dogmatiche attraverso l’arte. La fede che anima le rappresentazioni figurative supera i secoli poiché è pregna del soprannaturale, è il segno luminoso che manifesta il mistero di Dio. Vi è un legame tra immagine-parola/liturgia come manifestazione della bellezza e della creazione. La parola è anche essa immagine, l’immagine è anch’essa parola. L’immagine di Dio è rappresentata nelle sembianze della Trinità poiché se in Gesù si può vedere l’immagine vivente del Padre, è perché lo Spirito Santo stesso rivela e manifesta Cristo e, in lui, la perfetta immagine del Padre e la sua unione con lui. Dio in sé trascende ogni immagine, viene rappresentata la natura umana e divina unite senza mescolanza in Gesù. Il cammino della conoscenza di Dio va dunque dallo Spirito che è uno, attraverso il Figlio che è uno, fino al Padre che è uno . Il simbolismo dell’immagine non abolisce la distanza tra l’uomo e Dio, ma ci permette di contemplare e gustare la bellezza di Dio, l’esserne rapiti attraverso una rappresentazione è una esigenza dello spirito e guardarla vuol dire scoprire l’amore di Dio per l’umanità. L’esperienza del linguaggio simbolico manifesta il desiderio dell’uomo di toccare e vedere il Signore e di riconoscere la distanza tra umano e divino attraverso la contemplazione. L’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, aspira incessantemente a contemplare il modello divino che porta in sé, secondo le parole stesse di San Gregorio di Nissa: “l’amante che arde del desiderio della bellezza, ricevendo continuamente ciò che gli appare come una immagine di ciò che desidera, aspira a saziarsi della figura dello stesso archetipo”

© copyright Associazione Centro Culturale Leone XIII, Perugia 2004

Al Centro : Uno e Trino, Scuola di Leonardo da Brescia, Cristo Triforme 1542 circa, Vigo di Fassa (Trento) Chiesa di Santa Giuliana

A Sinistra : Trinita Fridolin Leiber Holy Trinity - A Destra : Trinita Etiopia Gondar Monastary

Uno e Trino : Tra le sfide più alte affrontate dall’arte occidentale, nella sua strettissima connessione con l’iconografia religiosa, spicca quella di offrire una rappresentazione, percepibile e chiaramente intelligibile, della sintesi prima e ultima del credo cristiano: la Trinità divina: Sin dalle origini, rappresentare fenomenicamente il mistero fondamentale della Fede implicava il dover distinguere, senza operare una scissione, tre elementi disgiunti, dando forma visibile alla compresenza, contiguità e continuità di Padre, Figlio e Spirito Santo. Nell’arte più primitiva, in una fase anteriore a quella in cui la pittura, in modo particolare, ne avrebbe dato una connotazione maggiormente descrittiva e naturalistica, la rappresentazione della Trinità cristiana venne affidata ai simboli (specie quelli geometrici, come il triangolo equilatero o i tre cerchi intrecciati). Ovviamente l’uso del simbolo, oltre che consentire un rapporto più stretto con il concetto astratto del sacro, rispondeva bene alle esigenze di sintesi e di chiarezza nel corso di un lungo periodo di tempo. Un filone iconografico che andò affermandosi a partire dal XII secolo e che ebbe una larga diffusione in ambito centroeuropeo, prevedeva la rappresentazione della Trinità come figura umana costituita da un solo corpo e da tre teste, oppure, secondo una soluzione preferita in Italia, da una testa con tre volti, il cosiddetto Vultus Trifrons. Scuola di Leonardo da Brescia, CristoTriforme”, 1542 circa. Vigo di Fassa (Trento), chiesa di santa Giuliana. I precedenti più immediati di ogni rappresentazione trinitaria cristiana vanno rintracciati nei simulacri della dea Ecate di epoca classica, a loro volta direttamente discendenti dai tricefali egizi (come Serapide). Il volto trifronte compariva pure nelle arcaiche raffigurazioni allegoriche della Prudenza. Nel contesto della diffusione dell’Umanesimo e dell’ammirazione per il lascito culturale dell’antica Roma tale rappresentazione, coerente con le divinità bifronti o trifronti del Pantheon dell’Urbe, dovette apparire una soluzione molto elegante ai pittori italiani dell’epoca. Ma fu proprio la sospetta contaminazione con il paganesimo a far sì che queste immagini della Trinità venissero guardate con sospetto dalla Chiesa post-tridentina. Poche sono in verità le testimonianze pittoriche di tale tipologia iconografica sopravvissute alla dichiarazione di eresia emessa nel 1628 da Papa Urbano VIII e ai conseguenti roghi dei dipinti. Tale figura, di cui è stata anche notata un’ascendenza celto-germanica, era chiamata dai protestanti il “Cerbero Cattolico”, mentre in contesto cattolico giunse ad essere indicata come “emblema diabolico” e “immagine improba”, fino alla soluzione definitiva imposta dal pontefice. Tra gli esempi rimasti vi è un affresco che decora l’abside della chiesa, di origine precarolingia, di santa Giuliana a Vigo di Fassa, in Trentino: nel mezzo troneggia, al posto del più consueto Cristo Pantocrator, l’icona della Santissima Trinità in un’unica persona a tre visi con aureola crociata, colta nell’atto di benedire con la mano destra e reggente con la sinistra il globo sormontato dalla croce. La posa della figura è ieratica, con un manto rosso ornato col monogramma del nome di Gesù e con fiori, fregiato da una larga bordatura. Come era consuetudine in questo tipo di immagini, gli occhi sono quattro, con una funzione “necessitante” alla immanentizzazione terrena della triade trascendente. Il viso di mezzo ha una barba bianca lunga, quello a destra una barba sempre bianca ma più corta, quello di sinistra una barba rossiccia; il colore dei capelli corrisponde a quello delle barbe. L’Opera, eseguita all’incirca nel 1542, è stata assegnata ad un pittore vicino alla scuola di Leonardo da Brescia, attivo all’epoca a Bressanone.

Descrizione Topologico Istorica della Città di Perugia Volume I
esposta da Serafino Siepi 1822 Stampato da Garbinesi e Santucci Perugia


ORATORIO della GONFRATERNITA di s AGOSTINO. Non può determinarsi l'anno in cui fu questo Oratorio edificato, come neppur quello in cui fu istituita questa nobile Confraternita. Certo è però che l'Oratorio fu fabbricato sul principio del sec. XV e fu ridotto alla nobilissima forma in cui si vede sulla fine del sec. XVII e principio del seguente. Ascesi pochi gradini, si entra in un'Atrio e a sinistra si presenta l'ingresso del picciolo Tempio quadrilungo presso ai quattro angoli del quale, quattro porte sono simmetricamente collocate, e l'ultima di esse nella parete sinistra è appunto quella dell'ingresso. Nella parete estrema è un finestrone posto a cristalli nel 1800. Le mura sono ricoperte da quadri frammezzati a vaghissimi intagli a fogliami di legno dorato, opera del francese Carlo d'Amuelle compiuta sulla fine del sec. XVII unitamente agli intagli di cui tutto è rivestito il soffitto , fuorché nei comparti ove sono allogate tre pitture in tela entro allor proprie cornici sostenute ciascuna da Angeli parimenti intagliati in legno. L'Oro che cinge la superficie di questi ornati è così forbito e cosi dilicato artificio preparato, che serba il suo antico splendore, quantunque da Pierantonio Lazzi da Lucca posto in opera fin dall'anno 1700. — I tre fondi o pitture suddette del soffitto sono tra le migliori opere di Mattia Batini perugino e rappresentano il principale prossimo all'altare dell'Apostolo s. Filippo, il secondo s. Agostino, il terzo l'Apost. s. Giacomo il Minore in atto di essere recati alla gloria degli Angeli. Nella indicata stanza evvi pure una tavola colla Vergine sedente e il Bambino in braccio ed ai fianchi i ss. Agostino e Sebastiano inginocchiati, col campo oscuro, fregj alle vesti e diademi di oro. Nel gradino del trono è notato il 1510. Si attribuisce a Pietro, ma l'Orsini, riflettendo ch'egli avea in quel tempo ingrandito il suo fare , la reputa di qualche suo allievo. — Sotto al presente Oratorio è. un salone a volta che fu un tempo o l'antico Oratorio o l'antico Spedale di questa Confraternita e che ora serve da granajo. In esso veggo usi ancora gli avanzi di alcune vecchie pitture a fresco, tra le quali è notabile quella con cui si è voluto esprimere la Trinità , consistente una figura la cui faccia è composta di tre volti uniformi in un sol capo, servendo a tatti tre i volti quattr'occhi soli. (*) La mano destra di questa figura è in atto di benedire con tre dita elevate, e la sinistra tiene un libro aperto in cui a caratteri gotici é scritto „ Ego sum Via Veritas et Vita „ Da altro lato si veggono le immagini di s. Agostino e di s. Domenico. Si credono ,ambedue queste pitture opere di arteficì perugini eseguite verso la meta del sec. XIV. ( v. Mariot. Let. Pit. pag. 53 ) In prospetto poi ove credesi che fosse l'altare, è dipinto similmente nel muro un Crocefisso colla Vergine semiviva sostenuta da una Maria, s. Giovanni, e la Maddalena che abbraccia la croce, opera, come si crede, della scuola di Pietro, ma assaissimo danneggiata .
(*) Questa mostruosa maniera di esprimere il più augusto de' nostri misterj fu praticata piu volte dai pittori (v.Joh. Nolani de ss. Imag. et Pictur. L2.c4 ) e noi abbiamo veduta alcuna simile pittura anche posteriore alla condanna, che ne fece Urbano VIII, nel 1628
.

 

BAPHOMET - 4 OCCHI

Così lo descrive Franco Cuomo nel romanzo storico "Gunther d'Amalfi": E vide il Baphomet. Non erano due facce, come si aspettava per tutto quello che aveva sentito dire sul demone, ma un unico viso, per metà d'avorio e per metà di bronzo, per metà bianco e per metà moro, per metà glabro e per metà barbuto. Sulla parte glabra splendevano due occhi di zaffiro, su quella mora due occhi di topazio. Sorreggeva la testa un corpo androgino, laminato d'oro e d'argento, avviluppato di segni lunari e solari al tempo stesso, dalla sessualità indefinibile. Una miriade di cordicelle variamente annodate pendeva dal capo dell'idolo, come una capigliatura incolta o una maledizione.

realizzato da Gilberto Quattrocchio

ETIMOLOGIA

Un primo enigma riguarda proprio il significato del nome, per il quale sono state avanzate diverse ipotesi. Secondo alcuni il nome sarebbe semplicemente una contrazione del nome di Maometto, e deriverebbe dai contatti segreti che i Templari ebbero in Medio Oriente con i maestri arabi, durante le Crociate. Altri la ritengono una corruzione del termine arabo abufihamet, che i Mori di Spagna pronunciavano bufihimat. Questo termine significa «Padre della Conoscenza» o «Padre della Sapienza», e potrebbe indicare un principio soprannaturale o divino. Non si comprende, però, che cosa potrebbe differenziare il Baphomet da qualsiasi altro principio divino. Non mancano ipotesi ancora più fantasiose: alcuni vi vedono l'anagramma della locuzione ebraica "Tem-oph-ab" che significa, parola per parola, «doppio-uccello-generazione». Il "doppio uccello della generazione" corrisponderebbe ad un chiaro simbolo sessuale, analogo al linga ed allo yoni del culto indiano: in tal caso i Templari avrebbero continuato e rinnovato gli antichi culti fallici dell'Oriente? Sembrerebbe poco probabile. Altri ancora fanno derivare il termine dalla radice greca del verbo battezzare, interpretando la parola come «Dio che battezza nello Spirito Santo». Tra le varie ipotesi, una delle più accattivanti risulta quella formulata da Hugh J. Schonfield, uno dei maggiori studiosi dei Rotoli del Mar Morto. Nel suo libro "The Essene Odissey", Schonfield descrive un cifrario crittografico a sostituzione chiamato codice Atbash, già presente in alcuni passi della Bibbia ed utilizzato per dissimulare dei nomi in alcuni testi Esseni. Il codice Atbash consiste nel ripiegare in due l'alfabeto ebraico di 22 lettere in modo che la prima venga sostituita dalla 22°, la seconda dalla 21° e così via fino all'11°. Poggiando questo cifrario sulla base inferiore, le prime due coppie di sostituzioni sono aleph-taw e beth-shin, e queste quattro lettere,lette di seguito, formano il nome del cifrario, a-t-b-sh. Secondo questo codice il nome Baphomet andrebbe scomposto nelle sue cinque lettere del corrispondente termine ebraico, che vanno sostituite con le loro corrispondenze nel cifrario Atbash:
beth pe waw mem taw
B Ph O M T
shin waw pe yod aleph
Sh O Ph I A
In questo modo, Baphomet traslitterato in Atbash da "Sophia", il termine esoterico che indica la "Sapienza". (tratto da "L'angolo di Hermes")
http://angolohermes.interfree.it/index.html

THE BOOK OF QUATTROCCHI - FOUR EYES
© 2005 Chicago. J. P. Maher

In 1485-87 His Holiness commissioned Domenico Ghirlandaio to fix him up in the Vatican Gardens with un casino a belvedere - a little hut with a nice view. The phrase shrank to a word: -the belvedere of art historians. Surname and toponym collide here. The noble lineage boasts a coat of arms with the pictogram, or rebus writing, of four eyes .The Quattrocchi clan has no mythic freaks in their family tree: their name was inspired by other “eyes”, those of an ancestral abode in Tuscany. At this spot once upon a time stood a long gone church dedicated to the Virgin Mary, built on the bank of the once rushing river Bure. Which was once spanned by a now long-gone bridge. The torrent was filled-in to end its destructive floods. After diversion of the river bed, the old bridge was no longer needed and was dismantled and its stones re-cycled. De-consecrated, the church’s stones were re-used to build a farm house. This was the church of St Mary at the bridge with four arches - ‘eyes’ ”- Santa Maria a Quattrocchi

SENTENZE E PROVERBI EUROPEI:
EI, QUI LEGERE ET SCRIBERE SCIT, QUATTUOR OCULI SUNT (ALBANIA)

IL MUSEO PIO-CLEMENTINO ILLUSTRATO E DESCRITTO DA ENNIO QUIRINO VISCONTI - DESCRIZIONE DI GIANO CON QUATTRO OCCHI

"...orni gli fur dati di duplice , di veggente intorno intorno , di fornito di quattro occhi. O che pensassero che niuna cosa dovesse essere ascosa a colui per cui tutto era comparso ed aveva aspetto, o che piuttosto volessero con Orfeo, Argon..".e più chiaramente in quel verso conservatoci nel commentario ms. d' Ermia, sul Fedro di Piatone, e riportato nell' Orfeo di Gesnero, pag. 4o5 , dove Fanete è descritto Quatuor oculis adspioiens hinc et inde : dal che inferisce Eimia, che Fanete è la Tetrade , opinione a Cui possono anche averlo indotto gli ermi o si. uni laci i quadrangolari del Bacco Fanete. Così geminus si denominò da,' Latini anche Giano , a cui da Ovidio oculos diversa tuentes ( Fasi. , lib. I ) , espressione equivalente all' Orfico fteptoiréa : vero è che alle volte questa duplicità del Bacco Fanete fu interpretata per diversità di sessi , quindi il Bacco Androgino, e le immagini con due teste, una virile, mia muliebre, ciò esprimere l' altro nome di Metì ossia Intendimento, che allo stesso oggetto si attribuiva, del quale è singolarmente proprio il vedere ad un tempo innanzi e indietro , il prima e il poi delle cose;

Trattato dell'arte della pittura, scultura ed architettura -Paolo di Giovanni

Riferisce Eusebio, che la sorella di Saturno Dea dei Fenicj , chiamata dai Sidonj Astarte , con un cimiero che avea quattro occhi , due dinanzi e due di dietro, i quali si chiudevano e dormivano a vicenda, sicchè due ne erano aperti sempre; con quattro ali agli omeri , delle quali due stavano distese come se volassero

quatuor oculis

..In castello autem quodam, quod Pompeius invaserat, tantus fuit imber sagittarum, ut sine vulnere defensorum nullus evaderet, quin et centuriones quatuor oculis *capti essent, et quum sero diurni laboris ac periculi summam imperatoris non tam auribus, quam oculis subiicere ac representare decrevissent, triginta sagittarum millia numerarent. Inter cuncta Cesii Sceve centurionis admirabilis virtus fuit, cuius scutum relatum Cesari perfossum CXX foraminibus est inventum. De quo quidem varia est fama.......

*nota:il termine "quatuor oculis" viene qui usato nell'accezione di "360 gradi".
La centuria usava la strategia militare della formazione a triangolo per
tenere sotto controllo il territorio e il nemico nelle 4 direzioni.

 

STORIA DELLA CITTA' DI PARMA - IRENEO AFFO - TOMO TERZO

NOTIZIE INTORNO ALL'ORDINE DI GHERARDO SEGARELLO

AL TEMPO DELL'ABATE GUGLIELMO QUATTROCCHIO (1252 circa)

Nota Ma e' oramai tempo di ritornare a far parola dell' Ordine di Gherardo Segarello, che, siccome abbiam detto, rimaneva per l' indicato Concilio soppresso. Quest'assemblea di fanatici si era notabilmente moltiplicata . L' institutore , benche' pregato , non aveva pero' mai voluto prenderne la direzione. Laonde questionando fra loro gli Apostoli se dovessero eleggersi un Superiore, o pur no, rivolti si erano gia' per consiglio a Maestro Alberto d' Ungheria Parmigiano, uomo assai famoso, ed uno de' sette Notai della Romana Curia , che li rimise all' Abate di Fontevivo . Parve all' Abate dover eglino rimaner come stavano senza capo veruno , e senza edificarsi case conventuali , vaganti pel Mondo separatamente nel solito loro abito altre volte descritto, con lunghi capelli, e barba prolissa. Cosi giudico' egli, sperando che in tal guisa dispersi, e l' un dall' altro indipendenti, sarebbesi da se stesso distrutto un Istituto,che sotto il pretesto di rinnovar la vita apostolica poteva seminar un giorno zizzania . Dispostisi a seguir tal parere avanti di separarsi congregaronsi in Parma tutti gli Apostoli presso il fondatore, e saltellandogli attorno pieni di ridicolo entusiasmo gridavano
senz' altro soggiugnere Padre, Padre, Padre. Egli cosi' onorato veggendosi , disse di volerli rimunerare ; e comando' loro di spogliarsi di tutti gli abiti , che legati in fardello fece in mezzo della camera mettere a monte. Rimasti gli Apostoli del tutto ignudi , e con tal rito a suo dire spropriati , predico' loro il seguir Cristo ignudo. Cio' fatto diede ingresso ad una vii femmina, da cui distribuite furono a ciascuno senza la minima scelta le confuse vesti , e per tal modo licenziati se ne andarono chi verso San Giacopo di Galizia , chi ad altri Santuarj , come loro parve meglio . Le massime loro istillate dall' empio Gherardo erano tutte dirette al disprezzo della Romana Chiesa , fuori di cui egli credeva chiunque non abbracciasse la finta sua poverta' , e la sua supposta vita apostolica . Il Papa , i Prelati , e tutti gli altri Religiosi erano per costui un branco di presciti; l' autorita' loro era decaduta , e trasferita nella nuova sua setta, vantandosi egli per quell'eletto virgulto , in cui avea cominciato a rifiorire la Chiesa di Cristo . Permetteva poi a'seguaci suoi le piu' detestabili disonesta' ; e sotto pretesto di vincere a forza le tentazioni della carne concedeva agli uomini ed alle donne il giacere insieme , e destarsi vicendevolmente alla piu' ardente concupiscenza, insegnando , che se cio' non, ostante omesso avesserodi scendere agli atti dell' ultima e piu' sfrenata libidine ,poteano vantarsi di aver fatto maggior miracolo, che non sarebbe il dar ad un morto la vita Per questo dice Fra Salimbene, informato da costoro medesimi , che non solo abusavano delle femmine, ma de' maschi eziandio, e narra che seco avevano tra le altre Apostolesse Ripia sorella di Fra Guido Putagio o Putaglia da Parma di tal Ordine seguace . Cosi' andarono dispersi qualche tempo i Pseudo-Apostoli, fin a tanto che montato in superbia il Putaglia , se n' era fatto egli spontaneamente capo , ed universal reggitore , usando tal fasto , e tenendo Corte si' splendida , che Vescovi e Cardinali non avrebbono fatto di piu'. Tanta sua boria spiacendo all'Ordine, fu egli deposto, ed eletto resto' in sua vece Fra Matteo dalla Marca di Ancona, per cui nacque scisma e divisione, non volendo il Putaglia discendere dal suo grado. Stava egli in Faenza con alcuni pochi suoi partigiani a custodia di una picciola Chiesa nel Giardino degli Alberghetti e degli Accarisi, e per farsi credere il legittimo Superiore, e trionfare dell' avversa parte cerco' di aver seco il Segarello, e l'ottenne, persuaso che l'ombra del fondatore dovesse renderlo rispettato. Ma gli Apostoli di Fra Matteo congiurando contro il Putaglia , andarono per levargli dai fianco il Segarello , e la faccenda termino' in guisa , che Apostoli con Apostoli fieramente si bastonarono.

LA COMPAGNIA DEGLI SPEZIALI A BOLOGNA

Non sappiamo con esattezza quando sia sorta l’Arte degli Speziali a Bologna.
Alla fine del Trecento si credette opportuno aggiungere, a quello della stessa Arte degli Speziali, anche il controllo, delle autorità mediche.
Nel 1554 avvenne l’atto di sottomissione ufficiale della Compagnia al Protomedicato, sponte et volontarie; ma in realtà era un atto imposto e per nulla volontario e lo dimostreranno negli anni e nei secoli successivi i continui attriti tra i due gruppi. Venne istituito il Catalogo degli Aromatari (una specie di albo dei farmacisti), per mettere ordine nella variopinta accozzaglia di venditori di medicine e affini e fu compilato il Catalogus medicamentorum tam simplicium, quam compositorum quae in pharmacopaeis tam civitatis quam Comitatus Bononiae assidue servasi debent (1563). Nel 1574 fu stampato, come si è detto sopra, il primo Antidotario.
Tra i capitoli più salienti, vi è quello della visita alle farmacie, che avveniva trimestralmente in città e circa due volte all’anno nel contado. I farmacisti dovevano obbligatoriamente tenere la scorta di medicinali semplici descritti nell’Antidotario ufficiale.
Le visite sanitarie non si svolgevano soltanto nelle farmacie; il capitolo 2 delle leggi del 1666 del Protomedicato prevedeva anche le visite alle “sostanze aromatiche e ai medicinali” una volta all’anno, i Protomedici dovevano ispezionare anche le farmacie degli Ospedali.
Le visite erano seguite da un rapporto dei protomedici all’Assunteria di Sanità. A volte si tratta di relazioni laconiche che danno l’impressione di abitudinarietà, ma nella maggioranza sono rapporti molto circostanziati che rivelano serietà e impegno dei singoli protomedici.

LIMONE QUATTROCCHI

Frutta in via di estinzione, una «banca» per salvare centinaia di specie italiane - Corriere della Sera 2002
LIMONI Preoccupa, in particolare, la sorte di tre tipi di limone: il Femminiello di Messina, il Quattrocchi di Catania, il Santu Ghironi di Cagliari MELE Tante le qualità da proteggere. Tre nella zona di Torino e di Milano e poi le Appio di Sassari, le Zamboni di Bologna e le Limoncella di Roma.
Femminello: Di origine sconosciuta coltivata da epoca remota in Sicilia e da cui attraverso mutazioni gemmarie si sono originate numerose selezioni clonali («S. Teresa», «a zagara bianca», «incappucciato», «sfusato di Favazzina» (Calabria), «Quattrocchi» «Scandurra») o poco tolleranti al «malsecco» («comune», «siracusano») e con caratteristiche morfologiche e bio-agronomiche più o meno diverse.
Attualmente è diffusa soprattutto in Sicilia (Catania, Palermo, Siracusa, Messina) e in Calabria (Reggio Calabria).
La pianta è di vigore debole («Quattrocchi»), medio («comune», «a zagara bianca», «apireno Continella», «sfusato di Favazzina»), mediamente elevato («S. Teresa» e «incappucciato») ed elevato («siracusano») con portamento assurgente, espanso («a zagara bianca», «apireno Continella»), o globoso («Quattrocchi»), resistente ai venti, con produttività costante ed elevata., con foglie ellittiche con apice leggermente arrotondato, con picciolo corto e robusto.

ANTIQUARIAN RARE BOOKS

Historia Iemanae [by Ibn al-Daiba] ed. C.T. Johannsen Di Abd al-Ramân b.

Narra dell'avvenimento prodigioso della nascita di un bambino settimino, figlio di una fanciulla di nome Ganna, nato con due corna, quattro occhi, naso curvo, le orecchie sulle scapole e quattro piedi con quattro diti ciascuno, denti grandi e capelli duri, sotto il regno di Mudjahidi, anno 744.
"Prodigium quoque sub regno Mudjahidi evenit, nimirum puer, facie haedi, duobus cornibus et quatuor oculis, binis ab anteriore, binis a posteriore parte instructus, cuius aures in extremis scapulis positae, naso curvo praeditus, cui dentes hominis et crines multum asperi erant, caeterum quatuor pedes, quorum singuli quatuor digitos habebant, dati, e puella quadam Ganna appellata, septimo post conceptionem mense natus est a. 744."

TEOGONIE di Aldo Vincent
COSMOGONIA GRECA - (FANETE)

Se per Babilonia ed Egitto in principio era il Caos acquoso e informe, per i Greci in principio erano le squame dei due serpenti primigeni che si attorcigliavano tra di loro: Ananke, la necessita’ e il Tempo che non scorreva. Da loro sortirono Etere, Caos. Ma il prodigio si ebbe quando dal coito dei due serpenti venne generato un uovo che si dischiuse generando la luce, e nella luce un Protogonos con quattro occhi e quattro corna, zoccoli e ali d’oro, teste d’ariete di toro, di leone e serpente, un corpo di giovinetto con fallo e vagina. Era Fanes: la chiave della mente. Pregno di luce Fanes si ingravido’ da solo e genero’ Echidna il serpente dal magnifico volto di donna. Poi genero’ la Notte che esisteva gia’ prima di lui e che divenne la sua concubina da cui ebbe Urano e Gea. A poco a poco tutte le cose apparvero nella caverna di Notte compresero i luoghi degli dei e degli uomini. Il Tempo comincio’ a scorrere e Fanes rimaneva nella caverna finche’ tutto il fattibile si fece. Fu allora che Fane’ con il suo scettro si reco’ con il suo cocchio sopra il dorso del cielo. Urano e Gea intanto si univano in un coito ininterrotto e a mano a mano che nascevano i figli Gea era costretta a ricacciarli nel suo utero finche’ nacque Crono con un falcetto dentato che taglio’ i testicoli al padre, i quali candendo nel mare generarono Venere che in greco vuol dire: nata dalla schiuma (Afrodite), assistita dalle sue due ancelle Apate e Zelos (Inganno e Rivalita’). L’interruzione del coito sparse per lo spazio molti esseri quali i Titani, i Ciclopi ed i Centimani. Crono si congiunse con Rea e tutti i figli che essa generava venivano inghiottiti dal padre che non voleva rivali. Quando nacque Zeus, Rea lo nascose nella caverna della Notte. Quando i tempi furono maturi, Notte preparo’ un pranzo di miele e ambrosia per Crono che ebbro si appisolo’. Allora Zeus lo lego’ con una catena e comincio’ ad inghiottire ogni parte dell’Universo fino ad arrivare a Fanes che preso dalla contemplazione di se’ stesso, non si accorse di nulla. Quando Zeus ebbe ingurgitato tutto il mondo, lo vomito’ tutto uguale a prima ma legato da una catenella d’oro. Quando tutto ritorno’ come prima Zeus ebbe il desiderio di congiungersi con sua madre Rea che ora era diventata Demetra. Per sfuggirgli lei si trasformo’ in serpente e pure Zeus che la colse in una stretta soffocante. La stessa dei due serpenti primigeni che generarono il Tutto. La stessa che Ermes porta sempre con se’, e mostra nelle sue apparizioni. Da questa congiunzione nacque Persefone, l’inguardabile e il cui nome significa: “colei di cui non si puo’ pronunciare il nome”. Tutto questo accadde a Creta.

"Mr. Four Eyes" - The History of Monsters - Aldrovandi 1599

I was recently able to view some wonderful and rare antiquarian books at the rare book room of the University of Iowa Medical Library. This is the front cover and two pictures from Ulyssis Aldrovandi's 1599 "The Histroy of Monsters". Aldrovandi (1522-1605) was a first class scholar of the reniassance and collector of curiosities. He published 13 volumes based on his collections, reading, and information he picked up from others. I think this copy was from 1642 and shows mr. fancy long ears (fanesius auritus) and mr. four eyes (quatuor oculis).


Xenophontis Scripta quae supersunt Di Xenophontos ta Sozomena,trad. Friedrich Dübner

Ero praeterea, inquit, bac etiam in parte mcliorí conditione quam hippocentaurus : duobus prospiciebat , el auribus duabus au- diebat; ego vero quatuor oculis in explorando utar, et auribus quatuor priesentiam. : aiunt enim equum eliam oculis multa prospicientem hominibus indicare, et significare itidem multa quae auribus ipse prius percipiat. Itaque me , ait, illiii in ? in numerum adscribe, qui equitare vebemen- tissimecupiunt. » Et nos quoque , profecto, inquiunt reliqui omnes. Turn vero Cyrus , Quid igitur , ait , quandoquidem nobis li.i'c mirítice probantur, si etiam legem nobis ipsis feramus, ut turpe sit quenquam eorum, quibus equos ego suppeditavero, peditem in profeclione conspici, sive magnum , sive parvum er faciendum sil? ul omnino nos hippocetauros esse arbitrenturbomines.

Di Gottfried WilhelmLeibniz, NiedersächsischeLandesbibliothek Hannover Leibniz-Archiv., Akademie der Wissenschaften in Göttingen, Akademie der Wissenschaften in Berlin (1991- )

DATUM NEAPOLIS IDIBUS JANUARII 1693NUNE MITTITUR TARANTO URBE APULIAE STILLIONIS FIGURA QUATUOR OCULIS

Fragmenta philosophorum graecorum Di Friedrich Wilhelm August Mullach-

Aureis alis hue et illuc volitans. Quatuor oculis hue atque illuc spectans-

LINGUAGLOSSA

DESCRIZIONE ANALITICA DEI TOPONIMI-V.FRANCESCO COPANI, POETA

Figlio di Domenico e di Elisabetta Vecchio, Francesco Copani vide la luce a Linguaglossa nel 1636, ultimo di quattro figli, e a Linguaglossa si spense nel 1723, dopo avervi esercitato la professione di notaio. Legò parte delle sue sostanze ad opere di beneficenza. Scrisse poesie in dialetto siciliano. Della sua produzione vernacola ci rimangono, purtroppo, soltanto i titoli, (con il relativo numero di versi), di otto poesie: Alle anime del Purgatorio, in sedici versi; Per la morte di una giovane, in ottanta versi; Funesto di Catarina Copani e Quattrocchi, in centocinquantadue versi; Passaggio del Padre Rev. Mastro La Guzza, (sicuramente quel Francesco La Guzza carmelitano ricordato da Vito Amico), in trentadue versi; Superbia Umana, in trentadue versi.Un poemetto invece, Pianto della città di Linguaglossa in tempo della penuria dell’anno 1672-73, di quattrocentottanta versi, si è salvato per merito di Giuseppe Copani Mannino che nel 1909 ne curò la pubblicazione. Il poemetto è una pagina viva e palpitante della storia linguaglossese del Seicento rivissuta sullo sfondo cupo della carestia; usi e costumi del nostro centro, chiese e feste tradizionali, ricchi e borghesi e poveri (manti, cappeddi, e birritti), laici ed ecclesiastici e sbirraglia, tutto e tutti sono passati in rassegna dalla Musa costernata del nostro inconsolabile Notaro.

Linguaglossa (Linguarossa in siciliano) è un comune di 5.361 abitanti della provincia di Catania.

LA GRANDE FRONTIERA
Uomini e donne del West-Titolo originale The Westerners Autore Dee Brown
Editore Mondadori-Anno 1974-Altre edizioni Mondadori 2000-Traduzione Andrea D'Anna

Contenuto. «La storia del West americano ha tutti gli elementi dell'Iliade e dell'Odissea. E' un mondo eroico di conquiste e di guerre, di viaggi in terre lontane, di audaci cacce, estreme resistenze, imprese leggendarie. E' un'epopea di grandi gesti, di trionfi e fallimenti, del più vasto campionario di eroi e di eroine. Il West è una tragedia temperata da interludi di commedia. E' una storia del bene e del male, un dramma allegorico fatto di astrazioni personificate». Così Dee Brown, autore del famoso best-seller Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, introduce a questa sua nuova opera dedicata a un West tutto da rivisitare, da riscoprire, da riconsiderare sotto una nuova luce. Brown ci guida in un'appassionante cavalcata attraverso i secoli, alla scoperta di un mondo emblematico dove si sono date convegno genti di ogni angolo della terra e si sono scatenate tutte le cupidigie, tutte le passioni, tutte le forme di sfruttamento. In questo autentico ombelico del mondo, nella cornice di una natura maestosa e selvaggia, si sono consumate le vicende personali di uomini e di donne d'eccezione, e la travolgente avanzata della civiltà bianca ha condotto all'estinzione stirpi umane e specie zoologiche. Essa si apre col primo uomo che giunse nel West dal mondo non-indiano, un negro marocchino di nome Esteban, per poi presentare volti spesso inediti di altre figure rappresentative del favoloso West - compreso un nobile, indomito e fondamentalmente mite Toro Seduto accanto a un fatuo e pusillanime generale Custer - e concludersi col cow-boy vagamente grottesco che per due volte diede con successo la scalata alla Casa Bianca: Teddy Roosevelt, alias Quattrocchi, alias il Cavaliere di Ferro, colui che «rappresentò il distillato finale dell'esperienza del West, e come presidente fece molto per imprimere durevolmente questi tratti nel carattere del popolo americano

I TRE SERGENTI RACCONTO BREVE PUBLICATO IL 30 MARZO 1918

quando mi domando: Che cosa siamo veramente, resto perplesso e non so che cosa rispondere.Quattrocchi : alto, magro, dinamico, I'anima del reparto è il braccio destro del tenente che non fà nulla senza averlo .consultato. Qualche volta nascono dei dissensi e allora Quattrocchi s'irrigidisce e dice Agli ordini signor tenente, eseguisco ma declino ogni responsabilità. Il Caro e impareggiabile compagno; grazie alla sua instancabile attività noi trascorriamo le giornate piu tranquille e sedentarie che ne siano concesse dal 1914 a questa parte, è sempre in moto. Entra di corsa, guarda controlla, stilizza rapporti; e prima di alzarsi rimane pensieroso col mento appoggiato alla mano. Allora un'ombra passa sulla sua fronte. Ma e solo un momento. Subito si riprende, ci guarda, sorride ed esce a grandi passi.Volevano che facesse l'ufficiale, ma lui non ha voluto;non so perchè. Quattrocchi è senza dubbio la piu bella e simpatica figura di soldato che abbia finora incontrato. Io e Brancherella siamo personaggi piu insignificanti: due figure scalcinate di secondo piano, forse anchemeno.Che dire di me che sono il piu infagottato e il più ragazzo? Un giorno che lo avevo fatto arrabbiare Brancherella mi ha detto: A te, invece della baionetta, dovevano infilare nel fodero un tagliacarte. Ammazzo il tempo leggiucchiando tutti i libri che mi capitano per le mani e scarabocchiando certi taccuini. Ogni tanto mi fermo e guardo sottocchi quei due triangoli d'argento che da poco tempo mi porto cuciti sulle maniche. La recente promozione mi ha messo in orgasmo. Non dico, c'entrerà l'ambizione,la quale, ahime, è come la gramigna, mette le barbe in tutte le fessure. Ma ne sono anche molto sorpreso e inquieto. Sarà un premio oppure un castigo? Tre sergenti, tre vecchi compagni di scuola, che un capriccio del destino ha fatto incontrare, vestiti di mezzocappotto, fra, le mura di un convento. qualche volta brontoliamo ancora, ci sfugge qualche gesto impaziente; ma sono spumeggiamenti involontari e passeggeri. Ormai ci siamo arresi. Sappiamo quale è la via e, costi quel che costi, siamo decisi a percorrerla fino in fondo. I soldati" dei reparto ci chiamano ironicamente «Lo Stato Maggiore »... Quello che c'e sotto veramente Dio solo lo sa.

CURIOSITA' CANINA: ZOROASTRO E CAPACITA' ESORCIZZANTI DEL CANE QUATTROCCHI

I cani quattrocchi c'erano già, ed erano chiamati così, al tempo di Zoroastro. Hanno il pelame tutto nero,e una macchia color di fuoco sopra ciascuno dei due occhi. Sta scritto nell'Avesta che quando si è portato un morto lungo una strada, affinché possano poi i vivi tenere senza danno la medesima via, bisogna farci passare per tre volte un cane quattrocchi. In mancanza di un cane ci si può far passare un prete che dica queste vittoriose parole: «gathâ chû aairyô...». In Piemonte si dice dei cani di questa razza che essi hanno quattro occhi, e si chiamano «cani quattrocchi».

MASTINO TIBETANO - MIG BZHI CAN (QUATTROCCHI)

Mastino Tibetano chiamato Mig bZHi Can (Quattrocchi). Il possesso di tali cani è da considerarsi in Tibet uno status symbol, è difficilissimo trovarne uno in vendita, e se ciò accade il prezzo è solitamente quello di un buon cavallo. Hanno il tipico muso pesante, occipite fortemente pronunciato, labbra pendenti, gli occhi che mostrano il rosso (della congiuntiva),e i potenti arti anteriori dei mastini. La coda,piuttosto lunga, ha un pelo piuttosto folto e viene portata in un ampio ricciolo. Il colore è solitamente nero - sempre nero nella razza considerata "pura"- con focature su muso, collo e zampe, solitamente con del bianco sul petto, e focature sopra gli occhi, che gli hanno valso il nome di Mig bZHi Can (Quattrocchi). Riguardo alla taglia, pesa circa 160 libbre (72,6 kg). La caratteristica più tipica è il profondo abbaio, più simile alla tonalità di un corno da nebbia che alla voce di qualsiasi animale. Scopo della loro vita, dicono i Tibetani, è quello di "custodire la proprietà contro i predatori e i ladri", e nel compierlo ci mettono la loro vigilanza e la loro ferocia.Lo sapevate che un esemplare di Mastino Tibetano, e precisamente un Mastino Rosso, si è assicurato il primato di cane più costoso del mondo? Il cane in questione, di nome Big Splash, è stato comprato da un milionario cinese per un totale di quasi 10 milioni di yuan pari a 1.1 milioni di euro. Il suo valore spropositato lo ha fatto entrare nel Guiness dei primati come il Cane più costoso del mondo! Prima di Big Splash i cani più costoso al mondo erano altri due mastini tibetani di nome Red Lion e Yangtze River Number Two. Una vera razza da record ! Il Mastino Tibetano Quattrocchi (Tibetan Mastiff) è l'antenato di numerosi "mastodonti" della specie canina, e a questo proposito, figura in tutte le opere di cinologia. Peraltro, bisogna confessare che, fino a non molto tempo fa, ben pochi cinofili avevano avuto il privilegio di osservarlo realmente. Così possiamo citare il testo del dottor Luquet, autore di "Dogues et Bouledogues", che ammetteva si trattasse di un cane "totalmente sconosciuto nelle nostre contrade" e che egli stesso non ne aveva mai incontrati in 50 anni di frequentazione assidua delle esposizioni canine. I Mastini Tibetani Quattrocchi sono dei cani potenti e ben costruiti, il cui aspetto, che è contemporaneamente maestoso e pieno di bontà, può comunque impressionare. Ma non dobbiamo lasciarci ingannare: il mastino tibetano ha assimilato la saggezza orientale e, pur avendo un carattere forte, il suo umore è molto stabile. Marco Polo lo definì "grande come un asino e feroce come un leone". Nessuna delle due asserzioni, probabilmente, corrispondeva a verità neppure ai tempi dell'esploratore veneziano: sicuramente sono lontanissime dal Tibetan Mastiff di "oggi". Grande, ma non certo gigantesco, imponente e bellissimo, l'odierno Tibetan è un cane che ha nell'equilibrio caratteriale la sua dote maggiore. Questo cane, progenitore di tutti gli attuali molossoidi, guarda tutto e tutti con pacata benevolenza, dall'alto della sua antica maestà.

VIDEO

MASTINO TIBETANO - QUATTROCCHI

 

SEGUGIO AUSTRIACO ( QUATTROCCHI ) BASSET BLEU DE GASCOGNE

Grazie alle sue particolari attitudini per il lavoro faticoso in alta montagna, ma anche in pianura, il segugio nero e focato (quattrocchi) è molto apprezzato sia come cane da seguita, sia come cane da sangue per la ricerca di animali feriti. Il Segugio Austriaco Nero e Focato è considerato come l’autentico discendente del segugio celtico. Il basset bleu ha origine in Francia ed è stato ottenuto da programmati incroci di Gran Bleu de Gascogne. Infatti la razza rinasce alla fine del diciannovesimo secolo per merito di alcuni cacciatori dell'ovest e da allora la sua evoluzione è stata costante sia dal punto di vista di miglioramento morfologico che di preservazione della sua qualità di cane chiamato del "sud della Francia".

Dendrochirus Biocellatus o Nemapterois Biocellata o Ombrellino cinese quattrocchi

Splendido pesce appartenente alla famiglia degli Scorpenidi, proveniente dalla Tailandia, dalle isole Maldive, Marshall, e da tutto l'arcipelago delle Filippine. Livrea coloratissima, di color rosso con sfumature gialle, zebrato di nero, bordo delle pinne turchese, sull'ultima pinnula della pinna dorsale una coppia di macchie nere contornate di giallo o di turchese.

IL“PESCE ALIENO”HA QUATTRO OCCHI VIVE A 1000 METRI DI PROFONDITÀ

Il Barreleye glasshead, pesce con quattro occhi
BERLINO - La specie si chiama “Barreleye glasshead” e vive a mille metri di profondità: ha due grandi occhi principali a forma di grandi cilindri, ed altri due di lato che gli permettono una vista davvero eccezionale. L'impatto da vicino è realmente spaventoso anche perché non di piccola razza. La specie di pesce può, infatti, crescere fino a 16 centimetri. Il “pesce alieno”: ha quattro occhi e vive a mille metri di profondità

Le immagini del Rhynchohyalus natalensis, pesce con quattro occhi, che vive tra gli 800 e i 1.000 metri di profondità nel Mar di Tasmania, in Nuova Zelanda. Questa caratteristica gli permette la visione a 360°; la specie può raggiungere i 16 cm di lunghezza.(Olycom)

L’Inquietante Pesce quattr’occhi (Dolichopteryx longipes)

La controilluminazione del Dolichopteryx e’ concettualmente simile: accende due file di lucine (cromatofori) sotto le linee laterali in modo che chi guarda da sotto si confonda tra la luce solare dello sfondo e la luce da bioluminescenza della pancia del pesce, cosi’ che la sagoma scompaia nel chiarore uniforme. Questo trucchetto certamente aiuta, ma non risolve tutti i problemi del nostro pesce dalle lunghe pinne (questo il significato del nome specifico, le pinne anali sono lunghissime). Posto infatti che possa guardare in su, e non essere visto da sotto, ha il problema di dover guardare a sua volta in basso. Ma per vedere cosa? Altri puntini di bioluminescenza, ovviamente! Deve pur mangiare anche lui, in fondo. La conformazione del cristallino e la retina specializzata tuttavia non aiutano: i puntini luminosi verrebbero visti, per fenomeni di rifrazione, sfuocati e confusi anche se l’occhio potesse puntare verso il basso. Infatti la luce, passando attraverso l’unica lente del cristallino, verrebbe piegata e convogliata tutta nello stesso modo (come succede anche nel nostro occhio) e l’immagine di tanti puntini alla fine apparirebbe confusa. Per ovviare a cio’ il Dolichopteryx longipes si e’ inventato, nel corso dell’evoluzione, una caratteristica assolutamente unica -almeno per quanto ne sappiamo- tra i vertebrati: un occhio inferiore con uno specchio parabolico al posto del cristallino. Sebbene esternamente sembra che il pesce abbia quattro occhi, due sopra e due sotto, in realta’ internamente le due strutture sono in comunicazione e condividono lo stesso umor vitreo, pur avendo due retine diverse e due sistemi ottici differenti. La camera inferiore e’ dunque dotata, anziche’ di un cristalino sferico come in tutti i pesci (e non lenticolare come per noi), di una superficie curva riflettente che riceve la luce da una cornea in basso e la invia verso una apposita retina posta ad un angolo di circa 90 gradi. Questa invenzione, rivoluzionaria a prima vista, sembrerebbe pero’ una scoperta dell’acqua calda: molti vertebrati (inclusi i nostri cani e gatti), sono dotati di una superficie riflettente dentro l’occhio, il tapetum lucidum. Si tratta di cellule della coroide, una delle tre membrane che rivestono l’occhio, specializzate nel riflettere la luce ricevuta in modo da amplificare il segnale luminoso. Lo specchio tuttavia sta a valle del segnale luminoso, e riceve fotoni che sono stati gia’ deviati dal cristallino, e non sostituisce il sistema rifrattivo in blocco come nel caso di questo pesce. La scoperta e’ recentissima, risale a dicembre 2008. Il motivo per cui finora non si era capita la particolarita’ di questo pesce, gia’ noto alla scienza da 120 anni, era che non si erano catturati animali vivi. La scoperta e’ stata quindi effettuata per caso da un gruppo di ricercatori della City University London coordinati dal Dr. Hans-Joachim Wagner dell’Universita’ di Tubinga intenti a censire le acque tra Samoa e la Nuova Zelanda con una nuova trappola di profondita’ che -suppongo- consente la compensazione quando gli animali vengono portati in superficie e che evidentemente e’ abbastanza mimetica da non essere sgamata da nessuno dei quattro occhi del pesce-spettro.

NOME ITALIANO: Pesce dai quattro occhi
SPECIE: Anableps anableps
LUNGHEZZA: 20-30 cm
PHYLUM: Cordati
ORDINE: Ciprinodontiformi
CLASSE: Pesci di Superficie - DISTRIBUZIONE: Venezuela, Brasile

RAGNI 4 OCCHI

Nei ragni salticidi il paio centrale degli ocelli è molto acuto; il paio esterno funge da vista secondaria, come pure le restanti due paia di occhi posizionati sui lati e in cima alla testa. La maggior parte dei Ragni ha quattro paia di occhi nella parte frontale del cefalotorace, posizionati in schemi (detti patterns) che variano da una famiglia all'altra. Il paio posizionato sulla fronte è del tipo chiamato ocelli pigment-cup (contenitori del colore), che nella maggior parte degli artropodi servono solo ad individuare la direzione dalla quale arriva la luce, adoperando l'ombra proiettata dalle superfici negli ocelli stessi. In ogni caso gli occhi principali della parte frontale delle teste dei ragni hanno la capacità di formare delle immagini abbastanza nette e distinte.La gru regolabile di seta del ragno saltatore. Senza questa “gru” di seta i ragni potrebbero scivolare o addirittura cadere, Fonte di ispirazione per i robot del futuro.I ragni salticidae sono cacciatori diurni con una vista acutissima e con efficienti strategie predatorie con le quali balzano sulle prede, gli scienziati si chiedevano da tempo come questi predatori riuscissero a dare stabilità ai loro atterraggi rendendoli morbidi, visto che non possono sfruttare l’inerzia di appendici oscillanti o le forze aerodinamiche sbattendo le ali come fanno altri animali. i salticidae utilizzano un meccanismo diverso per darsi stabilità in aria, utilizzando una “dragline” di seta che prima si credeva fosse una specie di “corda si sicurezza”. Maratus Volans o Ragno Pavone - Colorato, bello e amorevole, il Ragno Pavone è una specie di ragno saltatore che vive in Australia. Grande dai 5 ai 7 millimetri, non è pericoloso per l'uomo. Una caratteristica? Durante il corteggiamento il ragno pavone muove, come un ventaglio, la parte pelosa che si trova sugli addominali e la terza serie di zampe. Si genera così una danza che serve per conquistare la femmina ! Ragno Sorridente Quattrocchi o Grallator Theridion Conosciuto come ragno dalla faccia felice, vive alle Hawaii. Totalmente innocuo per l'uomo, questo ragno abbia modificato il proprio corpo per difendersi dai predatori. Animale a rischio d'estinzione, il Ragno Sorridente è l'unico a prendersi cura dei piccoli dopo la nascita.

Quattrocchi [Bucephala clangula]

E’ un Anatide a corologia oloartica. La particolarità del nome è dovuta alla presenza di un caratteristica macchia bianca posta sotto l’occhio, tipica nel maschio. Si tratta di un "anatra tuffatrice" con il caratteristico corpo affusolato, si tuffa nuotando sott’acqua alla ricerca del cibo, involandosi dopo una breve corsa sul pelo dell’acqua. Si nutre principalmente di molluschi e crostacei. E' presente nella nostra regione durante le migrazioni e lo svernamento. Nell’ambiente lagunare di Marano e Grado è descritta come svernante e migratrice regolare. Frequenta il mare, la si rinviene in particolare nel Golfo di Panzano, la foce dell’Isonzo, Primero e nella zona antistante il porto di Grado. Le zone umide costiere della nostra regione rappresentano un sito di importanza internazionale e l’area più importante a livello nazionale per lo svernamento di questa specie.

SATELLITE-COSMO-SkyMed detto Quattrocchi

Il mio vero nome è COSMO-SkyMed e sono un sistema OT (Osservazione della Terra); cos'è un OT? Semplice: intanto diciamo che non dovete confondermi con ET, anche se un po' Extra Terrestre lo sono anche io; un OT è un sistema (satellite e base Terra) che serve a guardare il nostro pianeta da lontano, dall'alto, insomma dallo Spazio. Mi hanno spedito a 620 Km dalla Terra, una bella altezza non c'è che dire; qualche volta mi gira un po' la testa! Ho un bellissimo occhio a "raggi X"; ragazzi che sballo, vedo proprio tutto! Riesco a vedere attraverso la nebbia, le nuvole e anche di notte.Allora le donne e gli uomini della Terra mi hanno mandato, uno alla volta altri tre fratelli gemelli, anche loro con un occhio a raggi X e così, volando insieme uno dietro l'altro a distanza fissa, passava pochissimo tempo tra due osservazioni successive della stessa zona della Terra. Gli altri OT allora hanno cominciato a chiamarmi "Quattrocchi".Con le immagini che io spedisco, le donne e gli uomini della Terra sanno fare cose grandiose: studiano i mari, le foreste e le città, prevedono le catastrofi e possono intervenire per salvare la vita sul pianeta. Sono molto compiaciuto di me stesso, anzi quando mi chiamano "Quattrocchi"comincio a ridere d'orgoglio a mettere in mostra tutte la mie capacità.

CROPCIRCLE TRINITA' QUATTROCCHI

CIBI QUATTROCCHI

 

Significato di Quattrocchi in Calabria Appartenenti alla famiglia di Giudici e Baroni

VOCABOLARIO DEL DIALETTO SICILIANO ITALIANO

Quattrocchi = persona che non leva mai gli occhiali

Traduzione di "Quattrocchi" in inglese: - foureyes - garrot - garrots

Traduzione di "Quattrocchi" in Tedesco: - Bebrillter mensch


 

 

Indice
America del Nord Quattrocchio e Quattrocchi
America del Sud Quattrocchio e Quattrocchi

Araldica Quattrocchio Quattrocchi
Basilicata Quattrocchio Quattrocchi
Biografia Gilberto Quattrocchio
Calabria Quattrocchio Quattrocchi
Campania Quattrocchio Quattrocchi
Curiosita Quattrocchio Quattrocchi
Emilia Ferrara Quattrocchio Quattrocchi
Esempi di genealogie disinvolte
Francia-Tunisia Quattrocchio Quattrocchi
I miei genitori: Gildo Quattrocchio e Emanuela Cuomo
Liguria Quattrocchio Quattrocchi
Lombardia Quattrocchio Quattrocchi
Marche Quattrocchio Quattrocchi
Piemonte Quattrocchio Quattrocchi
Puglia Quattrocchio Quattrocchi
Quattrocchio Quattrocchi nel terzo millennio
Roma Quattrocchio Quattrocchi
Roma Famiglie imparentate con Quattrocchio Quattrocchi
Roma curiosità Quattrocchio Quattrocchi
Sator-Cistercensi-Terdona-storia e mito
Sicilia Quattrocchio Quattrocchi
Simboli Quattrocchio Quattrocchi
Toscana Quattrocchio Quattrocchi
Umbria Quattrocchio Quattrocchi
Veneto Quattrocchio Quattrocchi

Spanish and English text Quattrocchio Quattrocchi

 

 

sito a cura di Gilberto Quattrocchio e Patrizia Prodan

email per contattare Gilberto

altri siti di Gilberto:

Artista

Artslant

Facebook

Community

Video Youtube

Video Gilberto Google

Colordrum Multimedia Factory

siti degli amici di Gilberto:

Apicoltura Spiccalunto

Fondazione Federico II